Messaggio del vescovo Giovanni per Pasqua 2021

PELLEGRINAGGIO PASQUALE

Carissimi, anche quest’anno ci stiamo incamminando verso una Pasqua diversa, almeno dal punto di vista delle tradizioni, delle usanze e delle abitudini che facevano parte della cultura di questa festa.

Tuttavia non saremo privati dell’essenziale, cioè di poter celebrare il Mistero pasquale di Cristo, fondamento della nostra fede cristiana, e questo ci basta. Anzi, possiamo cogliere l’occasione per leggere il tempo che viviamo attraverso quello che celebriamo, certi che lo Spirito Santo anche questa volta ci suggerisce percorsi di rinascita.

Vorrei fare con voi un pellegrinaggio pasquale: un percorso spirituale che attraverso la sosta in tre luoghi significativi della vicenda pasquale di Gesù ci offre tre direzioni per ritrovare quel coraggio creativo che ci farà ripartire verso una nuova normalità.

IL GETSEMANI

È il luogo dove, dopo l’ultima cena, Gesù ha vissuto la preghiera e l’agonia. Di solito nel nostro linguaggio, per agonia intendiamo gli ultimi istanti che precedono la morte di una persona; per Gesù non è proprio così, perché in realtà l’esperienza del Getsemani è un’esperienza di lotta, un combattimento, che prende forma di preghiera atletica, agonistica, per accogliere e restare fedele al progetto del Padre. Gesù rifiuta sia la tentazione di accettare tutto con rassegnata passività e sia quella di cercare scorciatoie e privilegi, come già il diavolo gli aveva proposto nel deserto. Sceglie di restare fedele al disegno del Padre e di accettare la sfida di una vita vissuta nell’agonismo dell’amore che col sudore della fronte, la forza del cuore, il dinamismo dei piedi e delle mani, la lungimiranza dello sguardo e una intelligenza libera e illuminata dalla luce dello Spirito, costruisce percorsi di vita, di crescita, di responsabilità, di bellezza che non si arrendono a compromessi e non si vendono al miglior offerente in nome del benessere personale.

Il cammino verso una nuova normalità chiede a noi di recuperare la dimensione agonistica della vita quotidiana e di rifiutare ogni tentazione edonistica che rischia di rendere banale, vuota e brutta la nostra vita.

IL SEPOLCRO VUOTO

La vicenda terrena di Gesù come quella di ogni uomo sembrava irrimediabilmente destinata al sepolcro, dove fu sepolto in tutta fretta per il sopraggiungere delle prime luci del sabato.

Eppure quel sepolcro è diventato suo malgrado non custode di un corpo morto ma testimone muto ma eloquente di vita. È diventato spazio di risurrezione. Nel sepolcro Gesù non ha trascorso passivamente i tre giorni come meritato riposo in attesa del colpo di scena finale che lo avrebbe ripagato delle sue sofferenze ma ha trasformato il sepolcro in cantiere di vita. Nel Simbolo degli Apostoli – che noi conosciamo un po’ meno della formula più articolata che di solito recitiamo – tra le verità di fede che professiamo c’è anche «discese agli inferi» che alza il velo su una verità poco conosciuta. Durante i giorni della sua sepoltura Gesù scende nel regno dei morti e va a svegliare, per prendere per mano e far abitare nella luce della risurrezione, anche i suoi progenitori, tutti quegli uomini e donne che avevano preceduto la sua venuta e che giacevano nelle tenebre e nell’ombra di morte.

Questo perché lui era venuto affinché tutti gli uomini avessero vita in abbondanza. Dunque tra la morte e la risurrezione Gesù ha abitato il sepolcro non come tempo inevitabile e subìto, generato dalla necessità della morte, ma come tempo di grazia per progettare la vita e attraverso la sua carne trasfigurata che recava i segni della passione, offrire all’umanità la grande speranza della vita che vince la morte.

Facendo mia una riflessione di Mons. Erio Castellucci, penso che non dobbiamo avere fretta di «uscire dal Sepolcro, che non dovrebbe essere una parentesi ma una parenesi, una scuola». Per cui nel cammino verso una nuova normalità, al tempo del Coronavirus, il sepolcro vuoto ci offre una prospettiva diversa per leggere questa esperienza di morte. Non si tratta di una morte per la morte, ma può essere una morte per la vita. Dal sepolcro vuoto noi possiamo cogliere l’opportunità di vivere questa esperienza di buio come tempo di grazia per progettare una vita nuova, trasfigurata, che attraverso le ferite della morte, della sofferenza, del disagio, della fragilità offre all’umanità la speranza di recuperare il senso pieno e vero della vita: donarsi per amore.

IL GIARDINO

Il Vangelo di Giovanni ci fa sapere che: «nel luogo dove era stato crocifisso, vi era un giardino e nel giardino un sepolcro nuovo…» (Gv 19,41). La vita riparte dal giardino, dove si era drasticamente interrotta la relazione con Dio a causa del peccato. Nel giardino rifiorisce la vita, sorge il sole della Pasqua che trasfigura per sempre la relazione tra Dio e l’uomo, inaugurando una nuova armonia che abbraccia tutto il creato. Questa immagine del sepolcro nuovo nel giardino si presta a rappresentare il tempo che stiamo vivendo. Nel giardino malato della nostra casa comune ha trovato spazio un nuovo sepolcro: questa pandemia. La Pasqua di Cristo ci costringere a prendere coscienza che è fondamentale guarire il giardino, guarire il mondo: la nostra casa comune. La fede, la speranza e la carità, le virtù che animano la nostra vita di grazia ci chiedono di rimboccarci le maniche e avviare il processo di guarigione del nostro mondo. Torniamo a seminare i semi della dignità umana, dell’opzione preferenziale per i poveri, della destinazione universale dei beni della terra, della solidarietà, dell’amore e del bene comune, della sussidiarietà, della fratellanza. E ritroviamo la sensibilità per la cura della casa comune e l’atteggiamento contemplativo che abbiamo cancellato in favore di un atteggiamento vorace, possessivo e utilitaristico della vita: «Quando non si impara a fermarsi, ad ammirare e apprezzare il bello, non è strano che ogni cosa si trasformi in oggetto di uso e abuso senza scrupoli» (LS, 215).

Ma perché questo accada veramente è necessario tenere fisso lo sguardo su Gesù (Eb 12,2); con i suoi occhi di Risorto potremo contemplare e apprezzare la bellezza di ogni essere umano e di ogni creatura e col suo cuore di Servo sofferente ascoltare il grido che sale dal cuore di tanti fratelli e sorelle poveri e sofferenti e dalla terra malata. Sono queste grida che reclamano un cambiamento di rotta, è l’anelito alla bellezza che esige da noi relazioni nuove per tornare non a quella normalità di prima del virus, già malata di ingiustizie, disuguaglianze e degrado ambientale, ma a una nuova normalità evangelicamente radicata che avvia processi di cambiamento, di rinnovamento, di rinascita secondo lo Spirito di Dio che soffia ancora. Torniamo al mondo secondo Dio.

Nel consegnarvi queste semplici e spero utili riflessioni, vi abbraccio fraternamente e vi auguro Buona Pasqua! Rinasciamo con Cristo a vita nuova.

 

 

                                                  + il vescovo Giovanni