TESTIMONI

Venerabile
Mons. RAFFAELLO DELLE NOCCHE

Mons. RAFFAELLO DELLE NOCCHE fu il 68° Vescovo della Diocesi di Tricarico che resse dal 1922 al 1960. Era nato a Marano di Napoli l’19 Aprile 1877. Ordinato Sacerdote il 1° Giugno 1901 seguì come Segretario il Vescovo di Lecce Mons. Gennaro Trama e nella città salentina si distinse nella direzione delle anime e nella vita pastorale.
Nel 1915 fu designato dall’Episcopato Pugliese a dirigere il Pontificio Seminario Regionale di Molfetta, incarico che espletò con grande competenza. Tornato a Napoli nel 1920 fu assistente degli universitari cattolici.

Nel febbraio del 1922 fu nominato Vescovo di Tricarico dopo circa quattro anni di sede vacante. Valutò il degrado sociale della sua Diocesi e si dedicò con intelligenza ed amore all’opera di redenzione morale e materiale del suo popolo. Compì 6 Visite Pastorali per poter leggere a fondo la situazione. In conseguenza si adoperò per la formazione del Clero, cercò di dotare le parrocchie di case canoniche e di locali di ministero. Fondò una Congregazione Religiosa femminile: le “DISCEPOLE di GESÙ EUCARISTICO” che hanno la Casa madre nel Convento di S. Antonio in Tricarico e che oggi sono presenti in Italia, Brasile, Ruanda, Filippine. Queste Suore si distinsero per l’educazione della gioventù. Fondarono Scuole Materne, Elementari e Superiori. A Tricarico nel 1930 diedero vita all’istituto Magistrale che è stato centro di educazione per molte ragazze non soltanto della Basilicata, ma anche delle Regioni limitrofe. La loro lodevole opera continua anche oggi. Dietro la spinta di questo Vescovo, a Tricarico, dopo gli anni Cinquanta, cominciò ad operare anche un Istituto Maschile con annesso Convitto ed un Orfanotrofio per ragazze particolarmente bisognose. Mons. Delle Nocche col suo interessamento e col suo consiglio fu sempre presente anche nello sviluppo più propriamente civile delle Diocesi. Fu, ad esempio, parte determinante nella istituzione di un Ospedale Civile a Tricarico. Questa vasta attività non deve però falsare il giudizio storico su questo Vescovo. Egli infatti è stato soprattutto un uomo di fede abbracciata e vissuta in grado eroico, tanto che è stato avviato per lui il processo canonico di santificazione. Morì il 25 novembre 1960. È sepolto in Cattedrale nella Cappella del Duca. Sulla tomba è stato eretto un monumento che richiama gli aspetti essenziali del suo ministero episcopale: un quadro emblematico a dimostrazione di come un’alta spiritualità si possa coniugare con una forte e fattiva presenza nell’opera di redenzione dell’umanità bisognosa.

www.raffaellodellenocche.it 

 

Serva di Dio
MARIA MARCHETTA

Maria Marchetta, nata a Grassano (MT), Diocesi di Tricarico, il 16 febbraio 1939, colpita in piena adolescenza da paraplegia flaccida, dopo le immediate naturali reazioni sue e dei familiari, maturò progressivamente nella fede fino a trasformare la sua irreversibile immobilità in sorriso, preghiera e offerta vittimale per la conversione del mondo al Vangelo. Dal suo lettino, ove rimase bloccata per 14 anni, metà della sua vita, fu testimone di vittoria della letizia sul dolore, della serenità sulla disperazione. I testimoni nel Processo hanno dichiarato che ricevevano da lei lezioni di vita e di conforto, mentre essi l’avevano visitata per darle conforto.
Formata agli ideali della Gioventù Femminile di Azione Cattolica ‘ ‘eucaristicamente pia, angelicamente pura, apostolicamente operosa’ ‘ e alla spiritualità del Terz’Ordine francescano, aveva conformato il suo

cuore al mistero della Croce e della resurrezione, sicché la gente stupita diceva che ‘Maria non riesce a essere triste’. Pellegrina a Lourdes per tre volte, comunicò al suo padre spirituale il contenuto essenziale delle sue preghiere all’Immacolata: ‘Ho detto così alla Madonna: come vuoi tu’! Mediante l’ascolto quotidiano di Radio Vaticana aveva seguito l’iter del Concilio e i propositi ecumenici di Giovanni XXIII e di Paolo VI, maturando sempre più chiara coscienza di una innocente vocazione a offrirsi come vittima per l’unità dei cristiani. Di questa offerta scrisse direttamente a Paolo VI dopo l’incontro col patriarca ortodosso Atenagora (gennaio 1964) e al primate della Chiesa anglicana Mikael Ramsey in occasione della sua visita in Vaticano (marzo 1966). Il Signore, accogliendo il suo desiderio, la chiamò a sé all’alba del Giovedì Santo del 7 aprile 1966. Pochi giorni prima, il 18 marzo, Maria aveva così concluso il suo diario: ‘Mio Dio, il mio cuore è colmo di infinita riconoscenza, per avermi fatto capire la necessità e la bellezza della sofferenza’. Il Processo diocesano, aperto il 2 agosto 1995, fu concluso il 7 aprile 2002. I suoi Atti sono depositati presso l’Archivio della Congregazione per le Cause dei Santi, in attesa che la Congregazione dichiari che la Serva di Dio ha esercitato le virtù cristiane in grado eroico.

 

DON PANCRAZIO TOSCANO

“…Pensavo alla necessità di un ricovero per i vecchi della mia terra. Provavo un profondo senso di pietà vedendo la miseria cenciosa trascinarsi per le vie, pitoccare il pane della carità e la pena cresceva vedendo i vecchi respinti alle porte… ”
Don Pancrazio Toscano (1883 -1961) nasce a Tricarico da padre muratore e madre casalinga. Dopo aver esercitato da ragazzo l’arte paterna, seguì gli studi ecclesiastici e nel 1917 fu ordinato sacerdote a Tricarico, dove si trovò ad operare in un contesto sociale di povertà, in cui la miseria veniva ancora accettata come un evento naturale.

Questo sacerdote, la cui azione umanitaria fu sempre caratterizzata da un approccio pragmatico, ricco dell’esperienza maturata come soldato di sanità presso l’Ospedale Militare di Bari, decise di offrire ai più poveri del suo paese un tetto sicuro ed un pasto giornaliero. A tal fine individuò nel quattrocentesco convento diroccato di S. Antonio, proprietà comunale dal 1863 e da decenni adibito a ricovero delle greggi, la sede della sua Pia Opera. Progettista e direttore egli stesso dei lavori di recupero, “senza computi metrici, voci di bilancio e finanziamenti”, mise in moto un’originale crociata di solidarietà, che gli assicurò attraverso le generose contribuzioni dei tricaricesi e degli emigrati nelle Americhe, le fonti finanziarie per restaurare lo stabile, resogli disponibile dall’Amministrazione ed aggiungervi nuove ali nel quarantennio successivo. Attorno al 1926 furono accolti i primi assistiti in quel convento, che già nel 1923 il Vescovo Raffaello Delle Nocche, aveva individuato come sede della Casa Madre delle “Discepole di Gesù Eucaristico”. Quelle suore, “necessarie per assistere e curare i vecchi” – come scriveva don Pancrazio – “che soffrono anche la fame per il tozzo di pane da dare ai vecchi ricoverati” e che tra il primo e il secondo dopoguerra si presero cura anche dell’annesso orfanotrofio, continuano ancor oggi ad accudire gli anziani della Casa di riposo. Ma Sant’Antonio era raggiungibile solo attraverso una mulattiera. Don Pancrazio, convinto della necessità di avvicinare la Pia Opera all’abitato, avviò la costruzione di un’importante strada, coinvolgendo nel suo progetto volontari e ragazzi per il trasporto delle pietre e dei materiali. L’arteria, attualmente di fondamentale importanza per raggiungere le zone di espansione di Tricarico, si inseriva in un disegno urbanistico di più vasto respiro, tendente a migliorare l’accesso e la vivibilità dei quartieri contadini di Rabata e Saracena. Di questo progetto, che aveva coinvolto pure il sindaco Rocco Scotellaro, il vecchio prete “urbanista” riuscì a realizzare soltanto il ponte sul torrente Milo. La grandezza di don Pancrazio Toscano comunque, non è solo legata alla fondazione della Casa di Riposo di S. Antonio, tuttora operante in favore degli anziani della Basilicata, ma soprattutto alla sua esemplare vita sacerdotale donata interamente agli altri.