PRENDERE – BENEDIRE – SPEZZARE – DARE sono state queste le 4 tematiche che don Angelo Gioia, Rettore del Seminario Maggiore Interdiocesano di Basilicata, ha ampiamente e magistralmente trattato negli incontri per gli ESERCIZI SPIRITUALI che si sono tenuti dal pomeriggio del 22 al mattino del 26 Agosto 2022, presso l’OASI MARTIRI HIDRUNTINI – SANTA CESAREA TERME (LE), su invito di S. E. mons. Intini, vescovo della diocesi di Tricarico.
Quando pensiamo ad un’ ‘’OASI’’ la prima cosa che ci viene in mente è la famosa palma che dà la sua ombra nei pressi di un pozzo o di un minuscolo laghetto con appena un sorso d’acqua ristoratrice, al centro di un deserto, lontano dal resto del mondo, miraggio per tutti i viandanti stanchi, assetati e sperduti in mezzo a tanta sabbia priva di strade e di indicazioni.
Noi, invece, pellegrini della fede, siamo stati un po’ più fortunati, perché don Mimmo Fanuele, resposanbile della logistica e di tutta l’organizzazione relativa all’iniziativa, ci ha piacevolmente accompagnati in uno dei luoghi più belli della Puglia, il Salento, per farci ristorare in una struttura alberghiera di tutto rispetto, con vista sul mare, con giardini e servizi particolarmente confortevoli, dove, come in una vera oasi, abbiamo trovare ristoro per l’anima e per il corpo.
Un’oasi di nome e di fatto dunque, perché qui il cuore ha trovato il suo rifugio, l’anima il suo accompagnamento, lo spirito la sua Acqua fresca che disseta l’arsura del vivere quotidiano, la fede la sua ombra al riparo dagli errori derivanti dai tanti condizionamenti che le esperienze della vita assorbono nella ricerca della Verità che ogni cristiano è chiamato a fare.
Un’oasi di nome e di fatto, perché, pur essendo immersa in un bosco lussureggiante, con uno spettacolare panorama, circondata da altissimi pini, qui l’oasi si è fatta ristoro dell’anima, rianimazione di una fede che spesso subisce i contraccolpi di una società sempre più disfatta, liquida, a volte gassosa, dove ogni cosa prende forma diversa da quella che veramente è e che chiama con molta facilità Bene ciò che BENE non è e che chiama DIRITTI ciò che diritti non sono e che chiama LUCE ciò che invece è il buio più nero.
In questo tempo dove tutto diventa facilmente il contrario di tutto, ecco… qui la Verità ha avuto il suo spazio privilegiato per far sentire la sua Voce, brillantemente mediata da don Angelo Gioia, che ha catturato, sin da subito, la nostra attenzione e ci ha profondamente coinvolti e inseriti in un contesto di ascolto dove il nostro cuore ha trovato il suo ristoro, centrando così l’obiettivo posto sin dall’inizio: fare pace col proprio cuore!
Se si ha bisogno di fare pace col proprio cuore, vuol dire che probabilmente c’è una guerra in atto dentro di noi che impedisce di soddisfare quel bisogno di pace a cui noi tutti aneliamo.
Se c’è una guerra, c’è un nemico da abbattere e soprattutto ci sono delle difese da far crollare.
Ecco, don Angelo, come la tromba di Gerico, dopo aver girato e rigirato intorno alle fortezze poste a difesa del nostro cuore, ha fatto cadere muri e resistenze, permettendo alla Verità di penetrare nel luogo che le è dovuto e da lì rischiarare un’esistenza a volte oppressa dalle tenebre e schiacciata dalle fatiche quotidiane.
Così, dopo aver fatto breccia nei nostri cuori, ci ha accompagnati in un percorso nuovo e antico allo stesso tempo: nuovo e antico perché il Vangelo, il kerigma, l’annuncio della Verità Evangelica porta in sé sempre l’unico messaggio che è quello della Morte, Passione e Resurrezione di Cristo e la proclamazione del Regno di Dio, ma porta con sé anche sempre quella novità che fa sussultare il cuore nella scoperta di quella meravigliosa Parola di Dio che non smette mai di sorprenderci e di stupirci, anche quando pensiamo di sapere e conoscere già tutto.
Quando la Parola apre alle novità del cuore non puoi non porti in ascolto e vivere, con il fiato sospeso, la Sapienza che quella Parola viene a rivelarti.
Partendo da quella che è la chiamata vocazionale per ognuno di noi, don Angelo ci ha aperto, nell’arco di poco più di due ore al giorno, divise in due incontri, uno mattutino e l’altro pomeridiano, a nuovi orizzonti di fede, ci ha … presi, benedetti, spezzati e poi dati… consegnati gli uni agli altri, come in una comunità di fratelli legati non da vincoli di sangue ma di Spirito e Verità. Ci ha rimodellati facendoci pregustare la vita buona del Vangelo che è sempre e da sempre a favore dell’uomo, per l’uomo, creatura amata e preziosa agli occhi di Dio, opera delle Sue Mani, impregnata della bontà stessa della Natura Divina.
In quest’oasi è accaduto qualcosa in questi 4 giorni di meditazione.
È accaduto. Sì ‘’ è accaduto’’, perché la fede non vive in luoghi astratti, ma ‘’accade’’ in contesti concreti, si fa vita vissuta e da vivere, ‘’fatto’’ esperienziale della vita di ogni cristiano, è un habitus che riveste le nudità del dubbio, dell’incredulità, dell’indifferenza, del ripiegamento su se stessi, dell’autorefenzialità e riposiziona ogni cosa al proprio posto, a partire dal baricentro: al centro deve starci sempre Dio e mai il mio io!
La fede è qualcosa, dunque, che ti ‘’accade dentro’’, è vita reale, fatto vissuto, esperienza di vita che attraversa il tempo e lo spazio, dimensioni in cui la creatura umana si muove ed esiste e nell’attraversarti ti lascia dentro quell’olio che lenisce e guarisce le ferite, quell’ombra buona la cui frescura dà ristoro, quell’acqua fresca che il cuore brama, assetato e arso dalla sterilità di una vita che mentre ti riempie di cose, ti svuota di senso e di significato.
Qui qualcosa è ‘’accaduto’’ nella nostra vita, qui qualcuno ha ‘’risvegliato’’ la nostra vita, le ha dato nuova linfa, nuova forma, ci ha rimessi sul giusto sentiero, ci ha tratti fuori da inganni, illusioni, distorsioni che il mondo opera a nostra insaputa, manipolando e strumentalizzando anche la Verità evangelica.
Qui ogni cosa è stata riposizionata nella sua giusta location, nella sua giusta rete di relazioni, ogni cosa è stata riallacciata e riconnessa alla Centrale Eterna che sola può dispensare quella pace del cuore della quale tanto abbiamo bisogno.
È accaduto, dunque, che nell’arco di 4 giorni, nel commentare quel PRENDERE – BENEDIRE- SPEZZARE E DARE, noi siamo stati presi, benedetti, spezzati e dati anzi… ridati a noi stessi prima di tutto, siamo stati oggetto e destinatari di queste azioni e il nostro cuore ha sussultato, ha ripreso respiro, ha ritrovato quell’intimità e quella familiarità, che spesso dimentichiamo o trascuriamo, con l’Autore della nostra vita, quella confidenza paterna e filiale che fa ‘’famiglia’’, unita da quel filo rosso che è l’Amore, legame inscindibile tra la creatura e il suo Creatore.
Siamo stati presi in un vortice che stringendosi verso il basso ci ha riportati nelle oscurità della nostra coscienza e allargandosi verso l’alto ci ha immersi nella limpidezza e trasparenza della Verità e della Giustizia.
Fare gli esercizi spirituali è stato come immergersi dentro un’umanità che pur vivendo nella sua fragilità esistenziale non smette mai di cercare una Mano che dia stabilità al suo andare, un Centro che non distribuisce certezze a buon mercato, ma che accompagna il passo incerto della nostra quotidianità rendendolo sicuro dietro quello del Pastore che guida il suo gregge anche tra valli oscure, ma senza mai perdere l’orientamento, tenendo sempre ben presente la giusta direzione e la Meta da raggiungere.
Seguendo il Suo Passo, il gregge non si disperde, ma si rinfranca ad acque tranquille e trova ristoro alla sua Ombra.
Ecco, abbiamo trovato ristoro all’Ombra del Risorto. Ci siamo abbeverati alle Acque fresche della Sua Parola.
Ci siamo affrancati dagli affanni ponendo il nostro capo sul suo Petto nei momenti di adorazione, dissetati alla Fonte Eterna del Suo Corpo e del Suo Sangue.
Ci siamo ritrovati al suono della Sua Parola e ci siamo messi in ascolto della Sua Chiamata mettendo fuori, per un istante o poco più, il mondo con i suoi rumori e i suoi stordimenti quotidiani.
Fare gli esercizi spirituali è stato tutto questo e molto di più, non si può quantificare la risonanza che tutto questo ha comportato e comporterà ancora dentro di noi, l’eco, certo, lo si avverte nell’immediato, ma farà sentire i suoi effetti anche in lontananza.
Gli esercizi spirituali sono una SEMINA nel campo spesso incolto del nostro cuore.
Il Seminatore ha sicuramente sparso il seme con molta magnanimità e generosità, con mano larga e senza nulla negare ai terreni aridi e assetati.
Noi, il terreno, a volte arido, a volte spinoso, a volte duro come d’asfalto, a volte timidamente coltivato, altre volte violentemente saccheggiato… e Lui, il Contadino, che non teme di seminare in questi contesti, di sperperare un seme che potrebbe essere magari più fruttuoso da un’altra parte, in un altro campo meglio tenuto e preparato; no, non teme la dispersione, perché poi il Vento dello Spirito spinge quel seme dove vuole e magari trova un anfratto, una fessura, una lieve spaccatura anche sul duro asfalto con sotto il terreno buono adatto perché quella radice venga germinata e lì poter porre la sua tenda, lì accamparsi per aspettare l’alba del terzo Giorno.
Sì, gli esercizi spirituali sono la semina di novembre e l’attesa del raccolto estivo.
Magari tutto quanto seminato resterà sepolto per un po’ sotto il gelo dell’inverno, ma ci sarà sempre una primavera dove ogni cosa si risveglierà a nuova vita ed un’estate in cui la messe abbondante sarà posta nei granai.
Il Seminatore, che ha sparso il seme per mezzo dell’infaticabile ed eccellente opera oratoria di don Angelo Gioia, sa attendere i tempi nuovi, il risveglio della Pasqua, il nuovo giorno di Resurrezione in cui i nostri occhi finalmente si apriranno alla Luce Nuova della vita bella del Vangelo.
Al centro di questo lavoro di dissodamento e semina c’è sempre stato Dio, come Autore della vita, come Pastore buono del gregge dei suoi pascoli, come Dono Eucaristico per i viandanti di questo mondo bisognosi di un’Oasi ristoratrice che è il Suo Cuore di Padre.
E intorno all’Eucarestia ci siamo ritrovati in modo particolare nell’ultimo incontro, in cui ci siamo fatti accompagnare da due Eccellenze, in ogni senso, della vita eucaristica: mons. Raffaello Delle Nocche, vescovo della diocesi di Tricarico e mons. don Tonino Bello, vescovo di Molfetta.
Don Angelo ci ha introdotti in punta di piedi nel loro sentire, nel loro dire, nel loro rapporto speciale con l’Eucarestia, con quel Dio vivo fattosi Pane spezzato per noi. Davanti all’Eucarestia il loro cuore si inebriava di un Amore eterno, si estasiava di Bellezza Divina e gustava il Sapore Buono della Gioia senza fine.
Attraverso i loro scritti anche noi abbiamo potuto godere un po’ di tutto ciò che accadeva dentro di loro e di tutto questo abbiamo reso grazie, con una celebrazione eucaristica, prima al Signore per averceli donati e poi anche a loro per essersi fatti testimoni credibili e visibili dell’Amore di Dio per noi, della preziosità degli uomini agli occhi di Dio e della preziosità di Dio agli occhi degli uomini.
La giusta conclusione di tutto questo non poteva non essere che un omaggio e un saluto personale sulla tomba di don Tonino Bello, presso il cimitero di Alessano (LE) dove riposano le sue spoglie mortali.
E lì, son risuonate in ciascuno di noi le parole dell’angelo presso la tomba di Gesù all’alba del terzo giorno: perché cercate qui Colui che è risorto!
Sì ne siamo sicuri, mons. Delle Nocche e mons. Bello sono risorti nel Signore e alla loro intercessione abbiamo affidato la crescita della nostra fede e quella di tutti coloro che ci portiamo nel cuore, perché anche noi, possiamo un giorno, trovare ristoro all’ombra dell’Altissimo nell’inimmaginabile Bellezza dell’ Oasi Celeste!
Al termine di tutto questo, cosa ci è rimasto?
Risuona in noi tutti una domanda: cosa mi porto da quest’esperienza? Cosa mi ha dato questo tempo trascorso in compagnia della Parola e dell’Eucarestia? In compagnia con altri fratelli provenienti da luoghi diversi, ma che si portano gli stessi bisogni, gli stessi interrogativi, le stesse fragilità e la stessa voglia di incontrare Gesù, il Risorto?
Generalmente ad una domanda segue una risposta, in questo caso la risposta è composta da altri due interrogativi: che tipo di pietra voglio essere nella Chiesa: pietra viva o pietra morta/addormentata?
Pietra viva, battezzata in Spirito e verità pronta a dare ragione della mia fede a chi me ne chiede conto, pietra viva del Tempio del Dio vivente o pietra d’arredo, posta in un angolo e lì rimasta immobile a farsi scorrere addosso il tempo, la polvere, il sonno, la fatica, la Parola che in me non prende mai vita?
E poi il secondo interrogativo: quanto sono disposto/a a lasciarmi dare e a darmi?
A volte non è la chiamata che manca, quanto l’indifferenza alla chiamata… sì, forse si riesce anche a sentire quella chiamata, ma non ci va di rispondere, di farci dare, di farci spezzare per qualcun Altro, per gli altri… perché mettersi in gioco così? Abbiamo già tanti problemi nostri a cui pensare! Chi ce la fa fare?
Ecco, il Signore fa la sua parte, quella di chiamarci, benedirci, spezzarci… poi tocca a noi metterci del nostro: quanto sono disposto a fare la mia parte e lasciarmi dare?
Ed è la nostra parte… sempre quella mancante!
Siamo noi non Dio a tenerci fuori dai confini, fuori dalla realtà, fuori da noi stessi, fuori dalla nostra identità di creatura, fuori da quell’umano che il Signore è venuto a rendere divino!
La Chiesa è una realtà fatta di pietre vive, che abitano il loro tempo e vivono la loro chiamata sporcandosi le mani, vivono nel mondo pur non essendo del mondo; l’alternativa è un vagheggiare cose future di un tempo indeterminato ed indeterminabile, perché si può abitare il tempo presente non il tempo che sarà, quel tempo che ancora non è!
La nostra generazione proiettata nell’idea di un futuro migliore, rischia di perdersi la realtà del tempo presente che aspetta anche il suo contributo esistenziale per diventare poi un futuro migliore; rischia di perdersi la Bellezza del Risorto, rincorrendo un miraggio nel deserto esistenziale!
Ci resta, infine, un lievito, un fermento interiore pronto a trasformarci in pane da… prendere, benedire, spezzare e poi dare… con gratuità e generosità… a chi, come noi, cerca la sua oasi per dare ristoro ad un cuore assetato della Parola di Dio e della Sua Mano sempre tesa verso di noi, pronta ad accoglierci, ad accompagnarci, a stringerci forte nei momenti di dolore, ad abbracciarci nei momenti di gioia.
Un ringraziamento di cuore, quindi, doveroso e affettuoso, a tutti coloro che hanno reso possibile tutto questo, che ci hanno accompagnati in vari modi in questo breve ma intenso cammino spirituale, che ci hanno correttamente reinseriti nel sentiero della Vita, alla luce della Parola che si è fatta, ancora una volta, Lampada ai nostri passi e Luce sul nostro cammino.
Un nostalgico saluto a tutti coloro che hanno condiviso con me questo cammino, sulle strade del Salento, sulla Terra bagnata dal sangue dei martiri, dove lo Spirito canta ancora oggi l’Osanna eterno della Vittoria della Vita sulla morte, lungo i sentieri del cuore… all’ombra di quell’Unica Palma Ristoratrice che è la Croce di Cristo e alla Mensa dell’Unico Pane e dell’ Unico Vino spezzati, versati e poi offerti per il ristoro dell’anima nostra!
Iolanda