Nel Martirologio Romano al 14 gennaio si legge: «commemorazione di san Potito, martire, che, dopo aver patito molte sofferenze a Sardica in Dacia, ora Bulgaria, si tramanda che sia infine morto martire trafitto con la spada».
Il 21 agosto 2024 si è svolta la ricognizione canonica sulla maggior parte del corpo del martire che si conserva a Tricarico (Matera). Infatti, dal XVII secolo le reliquie sono contenute in un’artistica urna reliquiario in legno e argento dorato (1668), conservata dietro l’altare maggiore della Cattedrale S. Maria Assunta di Tricarico.
Potito nacque a Sardica, nella Dacia Inferiore (attuale Romania) verso la metà del II secolo. Esistono diverse Passio, la più antica delle quali è del IX secolo. Il santo è presentato come un’adolescente, figlio di una famiglia pagana, che si convertì al cristianesimo, resistendo alle minacce ed ingiunzioni paterne a ritornare al culto degli dei. Subì il martirio per decapitazione verso il 160, sotto l’imperatore Antonino Pio (138-161).
Le sue reliquie vennero traslate dapprima ad Ascoli di Puglia (Ascoli Satriano), poi a Benevento tra l’818 e l’839 sotto il ducato di Sicardo. Il 15 maggio 1119 l’arcivescovo di Benevento Landolfo procedette alla ricognizione delle reliquie di S. Potito, insieme a quelle di altri martiri. Le reliquie, dopo un’esposizione alla venerazione del popolo per otto giorni, il 22 maggio 1119 furono deposte in una nuova e più dignitosa sepoltura. Nel 1156 – per volontà di Guglielmo I – alcune reliquie di S. Potito giunsero da Benevento a Montevergine.
La maggior parte del corpo andò a Tricarico (MT). Il 14 gennaio 1506, sotto il governo episcopale di Mons. Agostino de Guarino, le reliquie vennero rinvenute nella chiesa della Santissima Trinità – retta dall’Ordine dei Cavalieri di Malta – e successivamente traslate nella Cattedrale S. Maria Assunta, dietro l’altare maggiore.
Altre reliquie del santo si conservano ad Ascoli Satriano (FG): una falange (confezionata all’interno di un mezzo busto argenteo del 1654) e un omero (custodito in un braccio argenteo del 1874), donato dal vescovo di Tricarico il 22 dicembre 1873.
Di seguito il Verbale della ricognizione canonica sul materiale osseo conservato a Tricarico: «(…) presso il palazzo vescovile di Tricarico (MT), il rev.do sac. Sergio Antonio Capone, munito delle autorizzazioni canoniche e in qualità di Delegato vescovile (Decreto di nomina del 14 agosto 2024), ha svolto le operazioni di ricognizione canonica delle ossa di S. Potito, adolescente e martire, contenute in un’artistica urna reliquiario in argento custodita dietro l’altare maggiore della chiesa Cattedrale della città.
Insieme al Delegato vescovile erano presenti: il rev.do don Nicola Urgo (Vicario generale), don Marco Volpe (Vicario foraneo), don Alessio Cafarelli (segretario Consiglio presbiterale), Giuseppe Franchino (collaboratore di Curia), don Gaetano Corbo (canonico della Cattedrale dell’Arcidiocesi di Acerenza).
Dopo le preghiere di rito e l’atto di affidamento a S. Potito, il rev.do don Capone ha proceduto alla rimozione dei sigilli intatti in ceralacca rossa presenti a chiusura del coperchio interno dell’urna in argento.
L’urna reliquiario reca la data 1668 – fatta realizzare da Mons. Pier Luigi Carafa II C.R., vescovo di Tricarico (8 gennaio 1646 – 7 agosto 1672) – e presenta all’apice del coperchio una statuetta in argento del santo.
È stato estratto il contenuto della cassetta, disponendo il materiale su un apposito telo preparato su un tavolo:
- quattro frammenti di cranio
- frammenti di scapola
- clavicola
- sei frammenti di coxa
- parte di osso sacro
- sedici frammenti di coste
- tre omeri (di tre individui). Quello scuro è una reliquia insigne di S. Pancrazio Martire, identificato dal cartiglio del XIII sec.
- un calcagno
- due radio
- un femore
- una testa di femore
- tibia e perone di sinistra
- sei vertebre, di cui una animale; una metà di tibia (probabilmente di altro individuo)
- frammenti vari.
All’interno dell’urna sono stati estratti anche alcuni documenti – in carta e pergamena – di seguito elencati in ordine cronologico:
- frammento carta (frammento di pagina di un corale)
- pergamena a firma dell’abate Antonio Manzo di Montalbano (08.09.1669)
- foglio a firma del vescovo di Tricarico Mons. Simone Spilotros (23.12.1873)
- documento di prelievo a firma di don Nicola Salvatore Balzano (19.06.2010)
- documento di prelievo a firma del Vicario generale don Nicola Urgo (04.10.2011)
- documento di prelievo a firma del Vicario generale don Nicola Urgo (13.01.2012)
- documento di prelievo a firma del Vicario generale don Nicola Urgo (23.11.2013)
- documento di prelievo a firma di don Giuseppe Abbate (12.12.2019)
Alcuni frammenti ossei, insieme ad un cartiglio, erano contenuti in una capsella lignea. Si tratta di un contenitore cilindrico antico, probabilmente realizzato in legno o in un altro materiale organico, con segni di invecchiamento come crepe e vernice o lacca consumate. Considerando la struttura e design, potrebbe essere un portagioie o un porta cosmetici. Questi tipi di contenitori venivano storicamente utilizzati per conservare vari prodotti cosmetici come polveri, creme o unguenti. Utilizzati nelle culture antiche – come quelle dell’Egitto, di Roma o della Grecia – per contenere kohl, profumi o altri prodotti di bellezza, il contenitore potrebbe essere stato parte di un set da viaggio o da uso quotidiano, dove le persone conservavano i loro articoli di bellezza in modo sicuro e portatile. Presenta sul coperchio alcuni segni che necessitano ulteriori approfondimenti.
Le osservazioni macroscopiche preliminari hanno evidenziato una buona completezza dello scheletro. Le caratteristiche cromatiche, metriche e morfologiche hanno evidenziato che la maggior parte delle ossa sono riferibili ad un unico soggetto.
La robustezza scheletrica e le marcate inserzioni muscolari sono riferibili ad un soggetto di sesso maschile, carattere confermato anche dall’assenza dell’incisura ischiatica osservabile nel frammento di coxa di sinistra.
L’età scheletrica è stimata in circa 18-20 anni, poiché sono ancora visibili linee di saldatura delle metafisi a livello della testa del femore di sinistra e delle tuberosità ischiatiche. Non sono visibili tracce di lesioni di carattere patologico o traumatico, segni di artrosi o carenze nutrizionali. Le inserzioni muscolari, soprattutto a livello dell’arto inferiore sono ben leggibili e marcate, indice di una discreta robustezza fisica del soggetto.
Il confronto tra la tibia di sinistra e una tibia di destra conservata nel Monastero di S. Gregorio Armeno in Napoli stabilisce una buona compatibilità tra i due distretti, tale da riferirli allo stesso individuo. Dalla lunghezza massima dell’ulna di destra è stato possibile stimare la statura in circa 172,1 cm.
Le ossa sono state ancorate su un nuovo cuscino in stoffa damascata rossa con bordature argentee. I frammenti di costa, cranio e vari sono stati inseriti all’interno di un’ampolla vitrea oblunga proveniente dall’abbazia di Montevergine.
Infine, sono stati prelevati alcuni frammenti ossei quali riserve per il confezionamento di reliquie del santo da destinare alla venerazione pubblica dei fedeli, inseriti in una capsula in plastica e consegnata al Vicario generale della Diocesi di Tricarico don Nicola Urgo. Le operazioni di ricognizione si sono rese necessarie non solo per il cattivo stato di conservazione del materiale osseo del Santo ma anche in vista della Peregrinatio delle reliquie nelle parrocchie della Diocesi di Tricarico nell’Anno della Preghiera in preparazione al Giubileo ordinario del 2025 (…)» (Verbale della ricognizione canonica di S. Potito martire, 2024).
© Sergio Antonio Capone