Mons. Carbonaro presiede la Messa Crismale a Tricarico

Martedì Santo presso la Cattedrale di Tricarico, l’Arcivescovo metropolita di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo Mons. Davide Carbonaro ha presieduto la Santa Messa Crismale con tutto il clero della Diocesi di Tricarico.  Durante la benedizione del Sacro Crisma, il vescovo Davide soffia sul vasetto dell’olio e aggiunge il balsamo profumato ,richiamando il gesto di Gesù che alita sui discepoli per donare lo Spirito Santo (Gv 20,22). È un segno molto antico che simboleggia l’effusione dello Spirito Santo sull’olio, che diventerà così crisma consacrato.

Riportiamo qui il testo dell’omelia

 

Martedì Santo omelia in occasione della Messa crismale

presso la Cattedrale di Tricarico

15 aprile 2025

 

“Verranno giorni quando lo sposo verrà loro tolto e allora digiuneranno” (Cf Mc 2,20). Le parole pronunciate da Gesù, sono state reinterpretate dalla Chiesa per indicare, sia il tempo dell’attesa della sua seconda venuta, come anche il tempo liturgico che ci apprestiamo a celebrare nel Triduo del Signore Gesù crocifisso e risorto. L’immagine del Cristo che sposa la sua Chiesa nella passione redentrice, è comune in Oriente e in Occidente. Tuttavia, anche il Pastore di una Chiesa è indicato come lo Sposo, perché immagine di Cristo venuto a donare la sua vita per la sua Sposa (Cf. Ef 5,25). La Chiesa di Tricarico attende il suo Sposo, ecco perché il digiuno e la preghiera segneranno questa attesa, affinchè presto possa giungere tra noi un pastore secondo il cuore di Dio. Ma il Signore non lascia mancare la sua presenza amorevole per i suoi figli e le sue figlie, offrendo ancora la bellezza dell’olio che fa brillare il volto e rende docile il cuore (Cf. Sal 104,15). Mentre le nostre Comunità, come la Chiesa tutta, quest’anno a maggior ragione per l’unita della data pasquale, ritmano nella liturgia il tempo; noi seguendo le ultime ore terrene del nostro Maestro e Signore, vogliamo sederci a tavola con lui, per ascoltare il suo testamento d’amore e accogliere il fluire della sua grazia.

Davanti a noi, questa sera gli oli, presentati come avviene per il pane e il vino dal Popolo santo di Dio. Sono frutto gratuito della nostra terra e del lavoro dell’uomo, per il quale benediciamo l’Altissimo. Infatti, è grazie ad essi, che l’unità fra creazione e redenzione salvifica si rende visibile. I Sacramenti sono, in questo modo, espressione della corporeità della nostra fede che abbraccia corpo e anima, l’uomo nella sua interezza. Come scriveva Leone Magno, nei Sacramenti: “è passato ciò che era allora visibile nel nostro Salvatore” (Sermones 74,2).

I primi due oli, sui quali invochiamo la benedizione di Dio, segnalano due traiettorie esistenziali: il cammino dell’uomo liberato dal male, e la sua guarigione nel corpo e nello spirito, Ambedue i percorsi sono preludio alla Pasqua di Cristo, pienezza dell’uomo. L’olio dei catecumeni è il primo modo di essere toccati da Cristo e dal suo Spirito. E mediante questa prima unzione, che avviene addirittura avanti il Battesimo, che siamo come attirati più intimamente al Signore. I catecumeni sono già in cammino verso Cristo, ma questa unzione ci ricorda che l’uomo è essenzialmente un cercatore di Dio e capace di udire la sua parola. Anzi, la Rivelazione ci dice che Egli si è addirittura messo, Lui per primo, alla ricerca di noi e nel modo più stupefacente, facendosi uomo, prendendo la nostra carne, intrattenendosi con noi come con amici (Cf Dei Verbum nr 2). Nell’olio per l’Unzione degli infermi è significata la sollecitudine del Signore per i sofferenti che è divenuta missione della Chiesa, chiamata a guarire. In essa, infatti, è maturato nel corso del tempo, l’amore premuroso verso le persone ferite nel corpo e nell’anima. Così l’olio per l’Unzione degli infermi è espressione sacramentale, perciò visibile, di questa missione. Essa rimanda al primo invito di Gesù ai discepoli: “Li mandò ad annunciare il regno di Dio e a guarire gli infermi” (Lc 9,2). Anzi Lui stesso ne ha dato per primo l’esempio, tanto che l’annuncio del Regno di Dio, in Gesù, si coniuga spontaneamente col “fasciare le piaghe dei cuori spezzati” (Is 61, 1; Lc 4,1ss). L’olio per l’Unzione degli infermi ci rammenta che non siamo lasciati soli di fronte all’esperienza del dolore del male e della morte, sia fisica che spirituale.

Del terzo olio si dice che è consacrato, misto a profumo e sugellato dal soffio. È segno del Cristo, unto del Padre di cui il popolo santo è pienamente partecipe nella sua vocazione sacerdotale profetica e regale. Nel Crisma, noi riscopriamo la dimensione della dignità umana e perciò cristiana. Nella Chiesa quest’olio serve soprattutto per la crismazione nei riti dell’iniziazione cristiana: Battesimo e Confermazione e per l’unzione nelle Ordinazioni.  In Esso, ricollegandoci al grande tema dell’Alleanza, già presente nell’Antica poiché lì inaugurata e portata a compimento nella Nuova da Gesù, noi riscopriamo il valore della nostra dignità di persone e di Popolo di Dio da lui convocato. “Voi sarete chiamati sacerdoti del Signore, ministri del nostro Dio”, abbiamo udito nella prima lettura (Is 61,6). Il profeta Isaia riprende la promessa e insieme il mandato che Dio aveva rivolto a Israele al Sinai: “Voi sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa” (Es 19,6). E nel Nuovo Testamento San Pietro la estende all’intero popolo dei battezzati: “Voi (invece) siete stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere ammirevoli di lui, che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua luce meravigliosa. Un tempo voi eravate non-popolo, ora invece siete popolo di Dio” (1Pt 2,9).

In questa solenne liturgia si manifesta la pienezza del Popolo di Dio e la sua spiccata natura sacerdotale. Da qui scaturisce un pensiero per noi ministri. C’è una parola, nella prima lettura e nel Vangelo della Liturgia appena proclamata, che può rincuorarci ora, mentre ci prepariamo a vivere il Triduo Pasquale e durante tutti i giorni anche faticosi del nostro ministero di pastori. La parola, che poi è una frase, è l’espressione adoperata dall’anonimo profeta che identifichiamo col Terzo Isaia: “Il Signore mi ha mandato” (Is 61,1); la medesima che Gesù applica a Sé dopo aver letto quel rotolo. È vero che la prima azione attribuita allo Spirito nel brano di Isaia, ripreso da Luca, è quella di consacrare, di ungere con l’olio, di riempire di grazia il cuore di colui che sarà inviato. Ma è anche vero che la persuasione che ne deriva e che guiderà il consacrato verso i gesti da compiere – portare il lieto annuncio, fasciare le piaghe, proclamare la libertà  – è quella che esprime la coscienza di un mandato, di un invio e di una missione. Per questo Gesù la ripete: «Mi ha mandato» (Lc 4, 18).

Questa coscienza che fu di Gesù è divenuta per noi coscienza apostolica. Quando essa non si attenua perdiamo di vista l’essenziale della nostra vita di pastori ed anche il vigore che ci contraddistingue. Ci si attacca alle cose esteriori, al successo, alla mondanità. Quando invece rimane viva e facciamo di tutto per farla rimanere così, in particolare in me in quanto Vescovo, allora non perdiamo mai la fiducia. La prima conseguenza di questa fiducia mai sopita è che il Signore risorto e vivente, oggi ed ogni giorno, attraverso la Chiesa e per la voce e l’unzione interiore dello Spirito Santo, manda me, tutti noi, per una missione da compiere, che ha senso per l’oggi e ha un significato cruciale per le persone nella comune quotidianità.

Contempliamo ora Gesù, inviato del Padre, che guardò con coraggio le difficoltà del compito che fu suo, mentre oggi associa ciascuno di noi alla sua missione. Sono certo che se Gesù fosse oggi al nostro posto si muoverebbe con la stessa fiducia e coraggio con cui si è mosso duemila anni fa, intuendo chiaramente il suo compito e vivendolo giorno dopo giorno con grande passione e insieme con una pace profonda nel cuore, senza con ciò ripromettersi un successo e un ascolto maggiore di quello che ebbe al suo tempo, anzi aspettandosi persecuzioni e contrasti. Lavorando insieme e con profonda comunione gustiamo la grazia che discende da questa celebrazione di benedizione dei santi oli, e domandiamo allo Spirito un dono per tutto il nostro presbiterio: una coscienza acuta del mandato che sentiamo profondamente nostro e che costituisce la nostra risorsa fondamentale, la nostra forza e la sorgente della nostra gioia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Saluto dell’Amministratore diocesano don Nicola Urgo a Mons. Davide Carbonaro

Ecc.za,
benvenuto nella nostra diocesi, nella nostra chiesa Cattedrale!
Le siamo grati perchè ha accolto il nostro invito a presiedere la celebrazione della Messa Crismale, che per ogni Chiesa locale, radunata con il suo presbiterio e con i suoi laici, religiosi e religiose, associazioni e movimenti ecclesiali, nei vari ministeri e carismi esprime, per la grazia dello Spirito, i doni nuziali di Cristo alla sua sposa peregrinantes in Spem.
Le siamo ancora più riconoscenti perché la sua presenza ci rasserena e ci incoraggia in questo tempo, augurandoci breve, di Sede vacante. In questa Cattedrale in cui, il santo Vescovo il Venerabile mons. Raffaello Delle Nocche, per trent’otto anni ha presieduto la liturgia con amore di padre e, sempre attento alle necessità dei suoi figli, ha donato se stesso per il loro bene, impregnato
di amore al servizio e di misericordia.
Da questo luogo e dalla sua cappella in episcopio, uomo profondamente eucaristico, leggendo i segni dei tempi alla luce dell’agire di Dio, ha orientato la sua azione pastorale, attento ai bisogni spirituali e materiali delle nostre popolazioni.
Ecc.za, le assicuriamo la nostra preghiera per il suo ministero episcopale. Noi presbiteri rinnoveremo le Promesse sacerdotali per confermare ulteriormente la nostra fedeltà al Signore all’annuncio del Vangelo e al servizio pastorale nelle nostre comunità ed essere “pellegrini di speranza” e “ungere con olio di letizia coloro che sono avvolti dal dolore, fisico e spirituale. E come ci richiama Papa Francesco: “il presbitero è colui che sa accarezzare e soffrire con la carne di Gesù negli ammalati, nei bambini, nella gente, nei problemi, nei tanti problemi che ha la nostra gente.”
Ricordiamo nella preghiera con affetto fraterno i nostri sacerdoti anziani o ammalati, Don Michele Pandolfi, don Paolo Ambrico e don Pietro Dilenge, i confratelli di CASA San Lanfranco, i Confratelli Fidei Donum, i confratelli sacerdoti che celebrano gli anniversari giubilari, don Giuseppe Molfese e don Michele Francabandiera (25° di sacerdozio)(parteciperà alla Messa Crismale a Matera), e don Gaetano Fernando Grippo e don Romao Ukotia (10° di sacerdozio) e don Paolo Dinota (20° di sacerdozio)-
Ecc.za, le porgo i saluti di don Angelo Gioia, Amministratore Diocesano di Matera-Irsina che, nella unione in persona episcopi delle Chiese sorelle, ha voluto essere presente spiritualmente alla nostra celebrazione, e con Lei saluta tutto il nostro Presbiterio.
Ecc.za, esprimiamo l’augurio evangelico della Pasqua ormai vicina: Cristo è risorto!: e la resurrezione di Gesù è seminata dentro il cuore di ciascuno di noi! In questo Anno Giubilare, animati dalla Speranza, spalanchiamo un po' di più le porte del nostro cuore per accogliere la luce della Risurrezione di Gesù: una speranza che ci invita ad avere il coraggio e l’energia per testimoniare la bellezza della vita in Cristo e per donarla a quanti attorno a noi vivono fatiche e difficoltà. Santa Pasqua di Risurrezione del Signore! «“Surrexit Christus, spes mea / Cristo, mia speranza, è risorto” (Sequenza pasquale).